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Traduzione: come trasformare un errore in una risorsa


Il termine potrebbe non dirvi nulla, ma è molto probabile che di kintsugi, o kintsukoroi, ne abbiate già sentito parlare.

Si tratta di una tecnica giapponese che prevede la riparazione di un oggetto in ceramica utilizzando oro o argento liquido per dargli nuova vita.

L’idea alla base di questa tecnica è che l’imperfezione può essere trasformata in qualcosa di prezioso.

Ovvero: dai propri errori e dalle proprie ferite possono nascere nuove meraviglie.

È un bellissimo messaggio che si presta bene a qualsiasi ambito della vita.

E vale naturalmente anche nel mondo della traduzione. 

Al pari di un artigiano giapponese specializzato in quest’arte, d’altronde, anche la traduzione è un lavoro di cesello, in questo caso incentrato sulla parola.

Nel caso di un traduttore l’oro liquido è rappresentato da quella nozione in più che si apprende in seguito a un confronto con un cliente o alla revisione di un/a collega.

Insomma, in seguito a quello che con molta più semplicità definiamo errore.

Non credo esista al mondo un traduttore che possa affermare di non averne mai commesso uno.

Il punto non è non sbagliare, ma come si reagisce di fronte all’errore.

Vi si presta la dovuta attenzione?

Andrà a far parte del proprio bagaglio di esperienza?

Vi faccio un esempio.

Per un certo periodo di tempo ho collaborato con un cliente che mi mandava spesso dei testi brevettuali in revisione.

Inizialmente apportavo molte correzioni: i testi mancavano di coesione, la terminologia era talvolta troppo specifica, in altri casi mancava invece di puntualità.

Spesso non mi limitavo a correggere: indicavo eventuali fonti terminologiche e/o le ragioni alla base delle mie scelte.

Gradualmente il lavoro è diventato molto più veloce.

Non sono stata io ad affrontarlo in maniera diversa.

Il traduttore dall’altra parte, infatti, non soltanto leggeva le mie osservazioni: le faceva sue.

È stato uno scambio meraviglioso da cui ho imparato molto e che mi ha dato grande soddisfazione.

La morale della favola è che l’errore ha avuto la funzione di servire a impreziosire il progetto successivo.

Non è anche questa un forma di kintsugi?

Cosa ne pensi?

Sarò felicissima di leggere un tuo parere a riguardo, lasciami un commento!

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