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Il tempo che hai ma che non sai di avere

Il tempo che hai ma che non sai di avere

In questi giorni ho accettato molto lavoro e sto seguendo un ritmo di scadenze particolarmente serrato tra traduzioni, revisioni e articoli. Sono progetti tra loro molto diversi non soltanto per argomento ma anche e soprattutto dal punto di vista della “lavorazione”.

Della varietà, che amo molto, ho già parlato tempo fa. Oggi riflettevo invece su quanto la pressione possa essere talvolta una grande alleata. È come se il fatto di non avere tempo mi spingesse a ottimizzare quello che ho. Ma è davvero così?

Organizzazione, organizzazione, organizzazione

Organizzazione innanzitutto, sì. Per un freelance l’abitudine di essere organizzato non passa mai di moda (lo so, lo ripeto spesso).

Non ho accettato tanto lavoro per amore della sfida, bensì per realistica possibilità di occuparmene. La pressione deriva più che altro dal dover incastrare tra loro consegne a breve termine e lavorazioni più lunghe. Da una parte, ho la necessità di seguire per ogni lavoro un determinato numero di fasi; dall’altro, di portare avanti più attività in parallelo.

Come faccio di solito, ho preso la mia agenda cartacea (sì, la carta mi dà ancora un senso di controllo che purtroppo non riesco a ritrovare in un calendario elettronico) e ho iniziato a suddividere le varie fasi di ciascun lavoro per giornata e fascia oraria, prestando attenzione a lasciare – ove possibile – più tempo tra le fasi di uno stesso progetto di modo da poterci tornare “a mente fresca”.

La giornata di venerdì, per esempio, prevedeva 1 ora per la rilettura di una traduzione, 4 dedicate a una revisione, 1 ora di ricerca materiale per un articolo, 1 ora dedicata alla pagina Facebook e 1 a MeLoLeggo.

E l’imprevisto? L’esperienza aiuta

Suddividere il lavoro su carta (!) è semplice; farlo in maniera realistica, di modo da potersi attenere al piano ideato, è invece tutt’altra storia. In questo, l’esperienza aiuta. Esperienza che si traduce nell’aver sviluppato un metodo di lavoro e nel saper valutare e definire in modo piuttosto preciso quanto tempo occorre per portare a termine ciascuna fase del lavoro.

Sono elementi fondamentali per sviluppare meglio la giornata lavorativa. Salvo imprevisti, naturalmente.

Imprevisti che possono assumere qualsiasi sembianza: una telefonata, una visita inattesa, un software che ti obbliga a riavviare il computer… per non parlare degli aggiornamenti di Windows, dotati di una capacità tutta loro di scegliere il momento più opportuno per proporsi.

Quelli che ho elencato si sono verificati, uno dopo l’altro, la scorsa settimana.

Come gestirli? Con pazienza. Io di solito creo un “cuscinetto”, ovvero tengo conto di tempi di lavorazione un po’ più lunghi, quel tanto che basta da permettermi di integrarvi eventuali “intoppi”, se così vogliamo chiamarli.

In questo periodo, tuttavia, il mio cuscinetto è pressoché inesistente. Ho dovuto rimettere mano al mio programma di marcia, apportare qualche ritocco qui e là e finire un’ora più tardi una sera (facciamo due…). Del resto, a quale freelance (o lavoratore in genere) non è mai capitato?

L’importante è mantenere la promessa fatta al cliente. In concreto: tener sempre presente la scadenza e poterla rispettare senza dover tralasciare nessuna fase di lavorazione prevista che possa andare a discapito del risultato, e dunque della qualità finale.

Il tempo che hai ma che non sai di avere

Tornando al quesito iniziale: il fatto di non avere tempo ha ottimizzato il mio lavoro? Sì, non credo sia solo un’impressione.

Nella puntata di un podcast che ho ascoltato qualche mese fa, ricordo che si parlava della legge di Parkinson. La conosci? Afferma che “il lavoro si espande fino a occupare tutto il tempo disponibile”.

Cyril Northcote Parkinson, scrittore e storico navale britannico, espresse questa legge dapprima in un articolo pubblicato nel 1955 sull’Economist, per poi svilupparla più compiutamente in un libro che divenne ben presto un best seller: “La legge di Parkinson” (l’edizione più recente in italiano data 2011 ed è della Monti & Ambrosini con traduzione di Andrea Monti).

Secondo Parkinson, il tempo che ci occorre per eseguire un lavoro corrisponde al tempo che abbiamo a disposizione per svolgerlo e tendiamo a sfruttare ogni singolo secondo concessoci.

Proprio in base a questo, meno tempo abbiamo, più aumenta la nostra efficienza. In questo devo ammettere d’essermi ritrovata.

Tuttavia, se tanto mi dà tanto, in mancanza di imprevisti e con una routine di lavoro piuttosto collaudata, nei periodi in cui creo quei cuscinetti di tempo le mie giornate lavorative dovrebbero accorciarsi. O no? Accade molto, molto di rado.

La mancanza di pressione mi dà modo di lavorare con più agio e io, senza accorgermene, riempio il tempo.

Terminato questo periodo intenso, potrei allora iniziare a sfruttare ogni secondo al massimo per finire prima il lavoro o a riempire le mie giornate più di quanto non faccia di solito.

Dubito lo farò. Trovo però sia importante avere più contezza di questo “tempo che ho ma che non sapevo di avere” e di quali siano i ritmi di lavoro che amo. È questa consapevolezza il tipo di efficienza che scelgo di perseguire.

Che ne pensi? Se ti va, lasciami un commento!

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Questo articolo ha 4 commenti

  1. Ciao Alice,

    Ottimo articolo! Mese scorso ho seguito un corso su come ottimizzare il tempo, e anche loro ci hanno parlato della legge di Parkinson. Entrambi mi hanno dato spunti utilissimi, ma il problema all’inizio penso sia creare l’abitudine al metodo scelto, poi diventa più facile come in tutte le cose. Infatti, io devo ancora guardare e riguardare l’agenda diverse volte durante il giorno, altrimenti rischio di ricadere nella legge di Parkinson.

    A proposito, anch’io non riesco a usare i calendari digitali. C’ho provato ma non fa per me. Ci sono riuscita solo da dipendente perché ero obbligata a farlo 🙁

    A presto!
    Eli

    1. Ciao Eli, grazie per il commento!

      Credo tu abbia fatto molto bene a seguire un corso di questo tipo, sono piccole cose ma determinanti per chi lavora da freelance.

      Per quanto riguarda le abitudini, è una questione molto personale. C’è chi prende una decisione e riesce a cambiare di colpo e senza battere ciglio. Per me funziona molto bene invece la gradualità. Ho bisogno di “prendere le misure” con il cambiamento in corso e potermici adattare nel modo migliore per me.

      A presto 🙂

  2. Ciao Alice,
    condivido in toto il tuo articolo: ho sorriso vedendo che non sono l’unica al mondo a usare ancora l’agenda cartacea… non potrei proprio farne a meno. Non conoscevo la legge di Parkinson, ma la vivo ogni giorno sulla mia pelle: se ho poco lavoro impiego il doppio del tempo a farlo e tendo a distrarmi molto facilmente, mentre quando l’agenda è fitta divento una “macchina da guerra”. Complimenti per il tuo blog, ho letto alcuni articoli e li ho trovati tutti molto interessanti!!

    1. Cara Manuela,

      grazie! Sono molto contenta che i miei post ti siano piaciuti. Il tuo commento sull’agenda cartacea ha fatto sorridere me. Non sei affatto sola: come te, anche io non potrei proprio farne a meno 😉

      A presto!

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